Il suono del fulmine

IMG_20180716_035846_HHTI temporali mi piacciono un sacco, soprattutto perchè non mi sento al sicuro. Quando piove forte forte penso sempre che potrebbe succedere qualcosa di terribile, che il tetto di casa potrebbe volare via o un albero cadermi addosso da un momento all’altro. Penso a quale calamità naturale possa intervenire per stroncare la mia vita in un secondo, senza una particolare giustificazione razionale. Allo stesso tempo, mentre questa ansia paranoica mi toglie il fiato, penso che adoro il temporale. Perchè fa rumore, confusione, porta caos e distruzione con la forza del vento e dell’acqua. Dimostra una potenza inarrestabile e mi fa sentire sicura: non esiste in quell’istante niente di più forte, di più distruttivo. Attingo alla sua forza con la falsa convinzione di poter essere anche io un temporale.

Nel temporale ci sono tre cose che mi scuotono il cuore: la luce soffusa, che si scontra fortemente con il grigiore delle nuvole. Per quanto tutta l’atmosfera sia più oscura rispetto ad una banale giornata di sole, quella luce grigia penetra ovunque, rende la penombra uno spazio denso in cui nascondersi, che un po’ ti mostra e un po’ si prende la briga di tenerti al riparo da tutto, da tutti. Dopo la luce, c’è il tuono: ciò che temo di più. Perchè il tuono fa rumore, quando meno te lo aspetti. È ovvio, se ci dovesse essere un lampo, poco dopo seguirebbe un tuono, eppure non sai mai precisamente quando possa arrivare. Arriva quando arriva, quando deve essere. E urla forte, da lasciarti impietrito, senza parole. Quando urla un tuono stanno tutti subito zitti. È come l’inizio di un gran concerto, tutti battono le mani e scrosciano come il suono della pioggia che batte sul mondo, goccia dopo goccia, mano contro mano. Aspettano che arrivi la rock star e quella arriva, sale sul palco coperta da una coltre di fumo grigio, non puoi vederla. Si nasconde tra le luci e quando è il momento, quando il faro corre veloce sul palco, afferra il microfono e urla forte, più forte che può. Ti gela il cuore e tutto ha inizio. Questo è un tuono.

Ma non è nemmeno questa la mia parte preferita, quella è la terza. Ciò che non può essere spiegato perchè in realtà è qualcosa che non esiste, che non è reale. Quando un fulmine cade sulla terra, quando scarica tutta la sua forza distruttiva sul suolo come una mortale scossa elettrica, qualcosa nel vento si rompe e c’è un rumore. Non è il tuono, quello arriva dopo ed è una conseguenza.

Il suono del fulmine è qualcosa di diverso, che non senti precisamente con le orecchie, eppure lo percepisci all’altezza dello stomaco. Quando un fulmine è troppo vicino e si scontra potente contro la terra, tu senti la scossa sbatterti in faccia, senti l’energia che ti colpisce forte, ma soprattutto c’è un suono, un sibilo frastornante, una rottura nel vento, uno squarcio che blocca il tempo. È qualcosa di estremamente specifico, che non sono in grado di spiegare con le giuste parole, ma sono fermamente convinta che chi ha attraversato almeno una volta questa esperienza possa capire perfettamente di cosa io stia parlando. Il suono del fulmine è la mia parte preferita perchè mi è capitato spesso, guardando un temporale, spaventata e affascinata, di essere colpita in pieno da quella energia. Eppure di recente ho scoperto che c’è qualcosa di molto simile ed altrettanto sconvolgente che può capitare. Ho sentito un fulmine, quel suono specifico, quell’energia distruttiva, un giorno in cui non c’erano nuvole in cielo. Un giorno limpido e caldo. Un giorno in cui non pensavo che la vita potesse tirarmi uno scherzo del genere, come se camminando in spiaggia un bambino ti lanciasse una palla di neve, per gioco.

Il mio suono del fulmine mi ha colpito in faccia, quando ai temporali così non davo più la benchè minima speranza, anzi quando di speranza non ne avrei data neanche a me stessa, perchè continuavo felicemente a lasciare che un vento qualunque gonfiasse le mie vele, portandomi ovunque, dove non mi interessava guardare, conoscere o avere a cuore qualcosa.

È stato un temporale strano, quello senza pioggia né nuvole. Perchè è chiaro, non sono certo l’unica al mondo ad aver visto una cosa così, non sono una mistica e di certo non ho le allucinazioni. Non sono pazza, se è questo che ti stai domandando. Non so cosa sono, perchè queste parole non le conosco così bene da poterle già usare: il vocabolario sentimentale non fa parte di una lingua che conosco per cui cerco con questa infelice traduzione di trasmettere quanta confusione ci sia ora nella mia testa. Quanti venti stiano soffiando, forti e caotici, in ogni direzione.

Avrei voluto trovare parole gentili, dolci. Quelle del cuore. Che usano i ragazzi che si amano, come vorrebbe Prevert. Ma queste parole non le so usare, quindi provo con quelle che conosco. Parlerò del mio suono del fulmine e di quanto tutto questo abbia cambiato ogni cosa.

Un secondo prima di tutto ero perfettamente inconsapevole di cosa mi stesse accadendo, proprio perchè non ne avevo alcuna idea precisa. Non c’era un interesse a spingere la mia mente verso qualcosa, forse solo impegnare ogni singolo ragionamento in impegni inutili ma densi, gonfi, che occupassero quanto più spazio possibile. E poi le serate infinite, le persone senza nome incontrate per strada. Una serie lunghissima di impegni irreali e poco importanti, atti a ciò di cui avevo realmente bisogno: non pensare a nulla di importante, perchè non ne avevo davvero la forza.

Eppure non ero per niente stanca di correre. Avrei potuto continuare per sempre, verso una direzione mai ben specifica. Correre e correre e correre. Perchè chi si ferma è perduto, ma non come lo intendono tutti, non avevo paura dell’apatia o della depressione, temevo il tempo morto in cui puoi pensare, in cui il tuo sguardo cade irrimediabilmente sullo specchio delle brame che hai nella testa, quello che non ti risponde che sei la più bella del reame, per niente, io parlo di quello con la vocina bastarda, che rimarca tutto ciò che tu sai già molto bene, quella vocina forte ed insistente. Quella che sa perfettamente cosa dire per farti male.

Avrei continuato a correre per sempre, se me lo avessi chiesto in quel momento. Non c’era una alternativa abbastanza valida e mi stava davvero bene così, perchè correre mi piace. Però come al solito non avevo tenuto conto di quanto le cose decidano di cambiare nell’esatto istante in cui pensi di aver intrapreso un progetto, di poter perseguire un piano così come lo avevi prestabilito.

Fu così che sentii il suono del fulmine, in un giorno senza nuvole. Non so dire precisamente che giorno fosse, non so mai precisamente che giorno sia. Però non lo dimenticherò perchè gli orologi si fermarono e il mio cuore saltò un battito.

So che non è facile da credere, che la razionalità vuole che tutto ciò non sia reale, che si tratta sempre di vivere la vita con troppa foga ma io vorrei davvero che qualcuno capisse cosa vuol dire avere sulla pelle quel freddo bollente che ti blocca il fiato, quando un fulmine ti cade dritto sulla testa. Vorrei solo che fosse possibile per me spiegare quanto tutto questo sia reale, quanto sia felice di aver smesso di correre. Di essere stata arrestata in quell’istante da questa energia sconvolgente. Non esistono le parole giuste per raccontare la felicità, perchè è la cosa più difficile che abbia mai dovuto spiegare, si tratta di qualcosa che non conosco abbastanza e non trovo il modo per poterla sbattere violentemente nel cuore delle persone, così come violentemente è entrata nel mio. Ma non si tratta neanche solo di questo, non c’entra il cuore come punto nevralgico di una tradizione a cui siamo abituati dai grandi poeti, io parlo anche di brividi e pelle infuocata, delle mie mani che non smettono mai di tremare, delle lacrime che non so trattenere perchè è tutto orribilmente intenso e mi fa paura. Delle ginocchia che non reggono il peso di queste emozioni, dello stomaco che non ha più bisogno di altro che non sia l’aria che butto giù ad ogni sospiro, dei polmoni che finalmente si riempiono completamente, ma più di ogni altra cosa di questa instancabile forza che ho scoperto di avere nel continuare a sorridere, così tanto e così spesso che non pensavo fosse possibile.

Dicono tutti che qualcosa in me è cambiato da quando questa radiazione mi ha colpito, che sono una persona diversa rispetto a qualche mese fa. Non so se sia vero, perchè mi sento più me stessa ora di quanto lo sia mai stata negli ultimi anni, nel senso più libero che possa intendere. Eppure so che questo fulmine mi ha spinto tanto verso la persona che so di dover diventare, anche se la strada da percorrere non è semplice e di certo non sarà breve.

Perchè quando il fulmine ti colpisce dritto in testa qualche effetto collaterale te lo porti dietro, non può essere solo brividi. Questo effetto l’ho iniziato a sentire tempo dopo, perchè lì per lì mi credevo una persona più forte e meno spaventata. Ma sbagliavo. È proprio la paura che adesso mi incatena al terreno, quando so perfettamente che anche volare sarebbe pericoloso. Non si tratta di incoerenza o paranoia, non si tratta delle mie stupide ansie, anche se qualcuno penserebbe di si. Questa paura è tanto grossa quanto pesante e la vedo, come una sorta di elefante africano, che mi fissa dalla sua serafica e tranquilla posa. È seria, imperturbabile, tronfia a volte perchè consapevole della sua forza. La paura ti blocca, ti chiude gli occhi e rende tutto nero. Ma allo stesso tempo penso di aver capito due cose importanti, che stanno un po’ al centro tra la verità e quello che mi piace raccontarmi quando non ho voglia di affrontare la realtà dei fatti: La prima è che la paura non serve a vivere, perchè ogni istante speso ad avere paura ruba quanto avresti potuto apprezzare la vita in quel momento, toglie qualcosa che poteva essere bello e tuo per sempre e per quanto tu possa essere generoso, la paura non merita questi regali. La seconda è che senza paura non è una vera vita, che essere sveglio e senza paura è uno scopo, una strada da perseguire, ma non può essere la condizione costante in cui vivere, è giusto anche avere un po’ di paura, perchè solo sentendo quel brivido ghiacciato puoi ottenere la giusta dose di adrenalina per affrontarlo. Se sei dietro al divano e davanti a te c’è il tavolino da caffè su cui fare tana, tu corri forte, perchè devi salvarti senza essere visto e sai, nel profondo di quel click che all’altezza della bocca dello stomaco ti fa muovere le gambe più veloce che puoi, che sapere di poter fare tana libera tutti è più gustoso se chi ti cerca si è appena voltato, ma è proprio lì davanti a te. Io voglio fare tana libera tutti, per me e per il suono del fulmine, ma voglio farlo davanti alle mie paure, perchè ci sono e non guardarle toglie il gusto. Non posso dire che le stia affrontando, perchè non è esattamente così, con loro cado nell’ambito dell’irrazionale e lì nulla ha più la stessa forma di sempre. Un po’ sarò in grado di vincerle, di arrivare a fare tana libera tutti, e un po’ le terrò lì accanto a me, abbastanza distratte da permettermi di vincere ma altrettanto presenti da rendere tutto più reale ed intenso. La verità, ancora una volta, sta nel mezzo.

L’unica cosa che non mi soddisfa di tutto questo è che non ho usato le parole giuste, come al solito mi trovo a dover raccontare qualcosa nero su bianco, perchè non conosco altre strade. Non ho detto ciò che intendevo dire, non ho raccontato nulla di reale ma un giorno, quando sarò abbastanza grande, spero di poter sciogliere ogni parola negli occhi di chin merita di sapere la verità. Perchè purtroppo mi trovo irrimediabilmente sotto questo temporale e non smette più di piovere e io sono tutta bagnata ma incredibilmente felice, spaventata dai tuoni ma anche pronta per affrontarli. Vorrei dirti tutto, ma davvero non so come fare, perchè non sono mai riuscita a trovare un momento giusto, per fare qualcosa di giusto, nel posto giusto e con la persona giusta. C’è qualcosa di profondamente sbagliato in tutto questo mio essere fatta così, lo so, di nuovo o zero o cento, o tutto qui, tra queste solite tre pagine, o tutto urlato in faccia nel modo più contorto e sconclusionato possibile. Non so cosa fare, tranne guardarti negli occhi e sperare di pensarlo talmente forte da potertelo far sentire, vorrei che senza dire una parola mi dicessi che hai capito, che va bene così, che sono cose mie e non fa niente. Perchè mi sta scoppiando il cuore e resto muta, come un pesce rosso.

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