Ho sempre pensato di essere una ragazza da treno, fondamentalmente perchè ci ho passato parecchio tempo sopra. Mi sono convinta che fosse una sorta di destino, per un motivo o per un altro, dover sempre stare lì a controllare orari, cercare coincidenze, comprare biglietti. Ho preso treni che tagliavano di netto le regioni, gli stati o che mi hanno portato in giro per tutta l’Europa. Per questo motivo ho scoperto anche che esiste una sorta di accordo nell’Unione, per cui tutte le stazioni portano la stessa insegna blu con scritta bianca, stesso font, stessa dimensione. Non so perchè ma in un certo senso così si somigliano tutte e allo stesso tempo sono tutte diverse. Ho preso treni per andare ovunque. In compagnia, in solitudine. Negli anni ho capito molte cose grazie a questi viaggi, sia su me stessa che su tutto ciò che mi sta intorno, perchè chi prende i treni lo sa quante cose capisci, quando stai lì seduto a pensare. È come se fosse stato creato proprio per questo, una sorta di intervallo spazio\temporale in cui ti siedi comodo, metti su un po’ di musica, guardi come cambia il mondo intorno a te, lentamente, e lasci scorrere un flusso ininterrotto di parole che sfuggono.
Ho capito un sacco di cose sui treni. Ma non solo. Ho parlato tanto, con tante persone mai più viste, ho condiviso biscotti, caricabatterie, chiacchiere e lamenti. Ho visto bambini piangere, ragazze piangere, ho pianto io. Ho imparato ad ascoltare la voce degli altri, la vita degli altri. Ognuno sul treno sta andando da qualche parte, no? Ho imparato che non è sempre vero: c’è chi va, ma anche chi si allontana.
Ho preso molti treni, alcuni perchè stavo davvero andando in un posto, altri perchè provavo solo a fuggire. Ci sono state volte in cui sapevo di trovare qualcuno al capo del binario, altre in cui non lo sapevo eppure qualcuno c’era, che poi sono le volte più belle. Ci sono state volte in cui non c’era nessuno, come è naturale che sia. Eppure non c’è mai stata volta in cui non mi sia guardata intorno, pur non avendone motivo, nella speranza di trovare proprio chi lì non ci sarebbe dovuto essere. Quasi sempre non c’era nessuno.
Ma ho anche lasciato tante persone al capo del binario, chi con un abbraccio, molti in mezzo a tante lacrime. Ma quanto è bello quando poco prima di salire quei tre scalini ti giri e vedi l’ultima lacrima. Quanto è bello piangere sui binari stringendo qualcuno. Quanto è bello piangere sui binari pensando che qualcuno lo vorresti stringere forte. E invece ci sei solo tu, la tua musica assordante, una sigaretta e tanti passanti, sconosciuti, che si chiedono come mai.
Mi sono sempre considerata una ragazza da treno perchè alla fine è un po’ come me: va piano, quello che mi posso permettere. Non corre e non si affanna ma prosegue inesorabilmente verso qualcosa, che poi non si sa mai bene cosa. A volte succede che si ferma, altre volte che rallenta, qualche volta deraglia. Ma adesso dopo un po’ di anni a fare su e giù da una stazione all’altra ho capito davvero cosa significa il treno.
Sono io il treno. Non è semplicemente come me. E’ me. Il treno funziona come funziono io. È presto per dirlo, lo so. Ma non voglio pensare a tutte le lezioni che devo ancora imparare. Mi piace pensare a quelle che conosco già. Il treno sono io perchè non mi piace andare di fretta. Sarà banale, me ne rendo conto. Ma anche io mi sono fermata in parecchie stazioni. Sono nata piccola, forse giusto la cabina del macchinista. Nemmeno. Ma piano piano si sono aggiunti i primi vagoni, uno dopo l’altro. E ne attendo ancora tanti, sia chiaro. Ma per adesso sono contenta, tutto sommato, di ciò che mi si è legato addosso. Ogni vagone è un pezzo separato, indipendente ma indissolubilmente collegato al precedente e al successivo. Sono fatta di pezzi, posso cadere in pezzi, posso tornare intera, ma mai unica.
Quello che mi piace del treno, che è come me, è anche il fatto che ci possono salire tutti, ma non lo fanno per forza. Chi sale sul treno vuole andare da qualche parte, ha bisogno di andarci. Chi sale su un treno magari non è presente alla prima stazione, lo trovi più avanti che aspetta al binario, ma aspetta quel treno e non un altro. Allora sale, si siede e si rilassa. Prende un pezzo della tua vita e ci si mette comodo. Ha pagato il biglietto e si gode il viaggio. Non è detto Per quanto, che sia per molto o per poco. Potrebbe scendere alla fermata successiva, a quella dopo, al capolinea. Il treno non lo sa, si ferma ad ogni stazione e attende i bisogni del passeggero, li anticipa o li suggerisce ma di certo non può evitarli.
Ci sono persone che sul treno ci sono salite per fare una tratta talmente breve che avrebbero potuto andare anche a piedi, secondo me. Eppure in quel momento avevano bisogno di aiuto, di supporto e di un mezzo. Allora il treno non si fa domande, raccoglie tutti. E prosegue.
Sono importanti quelli che ci restano per poche fermate? Non lo so. Sul mio treno ci sono saliti in tanti per starci poco. Qualcuno non so più che volto abbia, qualcun altro so esattamente dove era seduto. Senza aver prenotato, c’era già un sedile che aspettava e che per qualche strana ragione non ha potuto ospitare più nessun altro. Ma non era che un passeggero, sì. Eppure nessun altro ha avuto quella poltroncina e io sono troppo giovane per sapere il perchè.
Però ce ne sono alcuni davvero incredibili. Questi sono speciali, i miei preferiti, a cui non so mai cosa dire, che non sia grazie, ogni giorno. Sono quelli saliti alla prima stazione, biglietto alla mano e un buon libro davanti. Quelli che il biglietto lo hanno preso al prezzo più caro, per arrivare fino al capolinea. Mi stupiscono tutte le volte perchè sono incredibilmente rari, ma soprattutto instancabilmente pazienti. Il viaggio è lungo, sfiancante e a volte proprio lentissimo, ma a loro non importa perchè vogliono arrivare davvero fino alla fine. Non ne ho mai avuti molti di passeggeri così, come è normale che sia. Ci sono quelli che ci hanno provato ma si sono arresi, ad un certo punto. Così come ci sono quelli che stanno ancora lì seduti, a guardare dal finestrino quello strano paesaggio che muta, si contorce, cambia e ricambia senza senso. Sono sempre meravigliati, io lo vedo bene, ma guardano e guardano incuriositi. Quanto li amo, quelli che non si arrendono.
Come ogni treno che si rispetti anche io mi fermo spesso. Ogni luogo ha bisogno di un tempo, per chi scende e per chi sale. Per il rifornimento. Per varie ed eventuali. Per gli incidenti. Per i ritardi. Per i guasti. Ci sono stazioni che sembrano bloccare il treno per sempre. Ho avuto stazioni che sembrava potessi non ripartire mai. Passeggeri confusi, nervosi, annoiati. Eppure il treno riparte sempre, perchè deve pur andare da qualche parte.
La destinazione però è un tema complesso. Ogni treno ha la sua, questo è ovvio. Vorrei sapere se per me ne esiste una ma alla fine c’è bisogno anche di mantenere un briciolo di razionalità: la destinazione è la stessa per tutti. C’è un solo modo in cui possiamo finire e non mi rattrista ammetterlo, ogni treno prima o poi si ferma, spegne il motore e finisce in deposito. Così è la vita. Ma non mi capacito di pensare che sia tutto qui. Non ho intenzione di arrendermi al fatto che sia questa la mia unica destinazione. Magari è possibile che più che guardare al finale, che conosco già, sia necessario fare una somma, di ogni stazione. Che alla fine un macchinista ci deve essere e io credo fermamente che ci sia, al di là di me. Non sto guidando, non sto scegliendo. Sto seguendo i miei binari dovunque essi vadano. L’unica cosa che è in mio possesso sono le stazioni: sei tu che scegli dove fermarti, quando fermarti, perchè, per chi. E questo è parte del fatto che adoro essere il treno, ma non il macchinista. Forse è un po’ incosciente, forse un po’ naif, forse è solo paura. Suona vigliacco delegare la propria direzione ad un macchinista fantasma? Per qualcuno magari è così, ma secondo me si tratta di lasciare che tutto faccia il proprio corso. A me sta bene, non voglio guidare, altrimenti userei la macchina, ma io non sono una macchina. Io sto seduta e guardo fuori, ascolto la musica e penso. Penso e ripenso. Penso troppo, me lo dicono tutti.
Non lo so dove sto andando, non mi interessa e non ho intenzione di fare domande in merito. Che tanto chi vuoi che mi risponda. Voglio lasciare che il treno segua i suoi binari senza interferire. Perchè le cose belle capitano proprio mentre guardi fuori dal finestrino. Però apprezzo anche la libera scelta, in assoluto la cosa migliore che esista al mondo. Confido nel potere di decidere dove fermarmi. Certi posti odorano di casa, anche quando sei tanto lontano. Sono quei luoghi in cui ti senti tranquillo, protetto, nel posto in cui sai che niente di brutto possa accaderti, perchè sei al sicuro. Sono una bugiarda, lo so. Non si dice posti, si chiamano persone. Ma preferisco pensare a tante piccole città, da visitare, conoscere, in cui ambientarsi. Realtà ogni volta diverse, che regalano qualcosa di unico e irripetibile. Perchè anche se non serve dirlo a me piace farlo comunque: ci sono certi abbracci che sanno proprio di casa, di latte caldo e biscotti, di dolce e pulito, di porto sicuro. Sono le mie stazioni preferite e mi ci fermo ogni volta che posso. Sentirmi a casa è la mia principale dipendenza.
Ma il treno non si ferma mai per troppo tempo e chi non sale lo perde. Non sono d’accordo con chi dice che un treno debba passare solo una volta, non è sempre così. Certe volte capita, è naturale. Ma quanto sono belle le seconde opportunità? Non è una cosa a cui voglio rinunciare, perchè credo profondamente anche nel momento giusto e quello va atteso. Non si può affrettare e non si può creare. Deve essere il macchinista a guidarti lì, dove tutto è perfetto, così come deve essere. Per poi portarti di nuovo via, è ovvio.
Ho capito di essere io il treno e va bene così, è il mio posto nel mondo. Per tutte le volte che ci sono salita finalmente ho trovato la mia risposta. È il treno che è dentro di me, non il contrario.
Però vorrei tanto affiggere un cartello, in ogni vagone, che reciti così: “Cari passeggeri, benvenuti sul mio treno, benvenuti nel mio cuore. Siete pregati di restare fintanto che vi faccia piacere, ma poi di scendere subito, quando è il momento. Se siete qui è perchè avete lasciato un luogo con l’intenzione di raggiungerne un altro, avete lasciato qualcuno con l’intenzione di raggiungere qualcun altro. Proseguite, gentilmente, lungo i miei binari e le mie stazioni, ma non sperate di cambiare la mia destinazione. Deragliare non è un’opzione. Spero che il viaggio sia piacevole, ma spero anche che vi lasci per sempre qualcosa. Su ogni vagone è consentito fumare”.